IMPUGNAZIONE LICENZIAMENTI
IMPUGNAZIONE LICENZIAMENTI DI LAVORO
Il licenziamento costituisce la tipica procedura adottata dal datore di lavoro, al fine di determinare l’interruzione e la contestuale cessazione del rapporto di lavoro con il dipendente. Si tratta di una comunicazione attraverso cui il datore di lavoro comunica ufficialmente al lavoratore la sua intenzione di recedere dal contratto di lavoro.
La Legge prevede espressamente i termini per l’impugnazione del licenziamento. Il primo termine, concernente la necessaria impugnazione stragiudiziale del licenziamento, è di 60 (sessanta) giorni dalla ricezione o notifica della lettera di licenziamento.
Il secondo termine (modificato dalla Legge Fornero), è di 180 (centoottanta) giorni per il deposito del ricorso giudiziale avverso l’atto di licenziamento. Tale termine, decorre dalla data di presentazione effettiva dell’impugnazione stragiudiziale.
Esistono diverse tipologie di licenziamento:
1) licenziamento per giusta causa
Il licenziamento per giusta causa, è il provvedimento adottato dal datore di lavoro, anche senza preavviso, qualora il lavoratore ponga in essere gravi condotte, così come specificamente definite dall’art. 2119 c.c., quali:
- Insubordinazione, definita come il rifiuto ripetuto e immotivato di eseguire la prestazione lavorativa;
- Sottrazione di beni aziendali durante lo svolgimento della attività lavorativa;
- Comportamento penalmente rilevante, tenuto al di fuori dell’attività lavorativa, che determina il venir meno della necessaria relazione di fiducia con il datore di lavoro;
- Lo svolgimento, durante il periodo di malattia, di un’attività lavorativa parallela presso altra azienda o datore di lavoro, che pregiudica la guarigione ed il rapido rientro sul posto di lavoro;
- Il rifiuto di riprendere l’attività professionale, dopo la visita medica che abbia accertato l’insussistenza di uno stato di malattia ovvero la completa guarigione dalla stessa.
2) licenziamento per giustificato motivo soggettivo
Il licenziamento per giustificato motivo soggettivo, viene disposto quale conseguenza i una violazione commessa dal lavoratore rispetto agli obblighi previsti dal contratto di lavoro.
Costituiscono esempi di giustificato motivo soggettivo:
- Abbandono immotivato del luogo di lavoro;
- Provocazione di una rissa sul luogo di lavoro;
- Minaccia verso un collega o superiore;
- Reiterata violazione di norme del Codice Disciplinare.
Fatta salva l’ipotesi della reiterata violazione del Codice Disciplinare, negli altri casi è sempre necessario il preavviso da parte del datore di lavoro.
3) licenziamento per giustificato motivo oggettivo
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, si verifica nella circostanza per la quale l’azienda deve fare a meno di uno o più dipendenti per motivi ricollegabili a ragioni di produzione ovvero di riorganizzazione del lavoro, per uno stato di crisi aziendale o di scarsa liquidità.
Esempi tipici sono:
- Chiusura dell’attività;
- Delocalizzazione di alcuni servizi o produzioni;
- Soppressione del posto di lavoro;
- Accorpamento delle mansioni al datore di lavoro.
Il licenziamento per giustificato motivo oggettivo, se coinvolge un numero di dipendenti pari o superiore a 5 (cinque), è definito Licenziamento Collettivo, e segue una procedura specifica per il datore di lavoro.
4) risarcimento del lavoratore ingiustamente licenziato. Indennità e reintegro
Quanto al trattamento riservato al lavoratore, che vinca una causa contro il provvedimento di licenziamento, il Jobs Act ha inciso sulla possibilità di reintegro sul posto di lavoro prevista dall’ ex art. 18 della Legge 300/70 escludendo tale forma di tutela per le seguenti categorie di soggetti:
- gli assunti a partire dalla data del 7 marzo 2015 con contratto a tempo indeterminato;
- coloro che da questa data hanno visto tramutato il proprio contratto di apprendistato o di lavoro a tempo determinato in un rapporto a tempo indeterminato;
- coloro i quali abbiano subito un licenziamento economico, collettivo o formalmente viziato.
L’art. 18 sopra citato resta invece in vigore per le vecchie assunzioni ed il reintegro è comunque confermato in tutte le ipotesi di licenziamenti discriminatori, intimati in forma orale ovvero disciplinari nulli (per insussistenza del fatto contestato). Negli altri casi, dunque, è previsto il pagamento da parte del datore di lavoro di un’indennità crescente commisurata all’anzianità di lavoro.